Doverosa Nota

Brianna Berenice Byrne non esiste e così la sua famiglia.
Tutto quello che viene riportato su queste pagine virtuali, quindi, non è realmente successo.
È frutto della fantasia di un gruppo di players che si divertono.

Volete divertirvi con noi?
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giovedì 20 febbraio 2014

Daugther

Daughter - Loudon Wainwright III.

Sogno spesso la casa in cui sono nata, qualche volta riesco a sentire il profumo di mia madre avvolgermi in una nuvola, altre volte sento i passi zoppicanti di mio padre nel corridoio e penso che se dovessi cercare un momento felice nella mia esistenza, lo troverei fra quelle mura.
Ieri sera ero nella biblioteca della Sede, il messaggio di Gaebriel m'aveva agitato tanto quanto l'accordo con Minerva era riuscito a togliermi dei crucci; volevo trovare qualche documento sulla proprietà che occupano i Lycans o delle informazioni specifiche su quelle sette pagine che potrebbero mandare in polvere l'ordine costituito.
Ero seduta ad un tavolino, Delight accovacciata sulle gambe e Binky mollemente adagiata sul portatile chiuso, solamente Bilbo s'era deciso a fare un sonnellino sulla poltrona, ma lui è ancora prudente, dubito si sia mai seduto sul divano accanto a Cora. È diffidente, forse dovrei imparare da lui.
Ero stanca, non saprei dirne il motivo: dormo tranquillamente durante la notte, ho una serie di impegni, di scadenze ma niente che non riesca sopportare, può darsi risentissi degli allenamenti in Armeria, quelli che ho pigramente accantonato per circa un anno eppure neppure quelli erano sufficienti a giustificare il sopore, sbadigliavo e m'era impossibile concentrarmi.
That's my daughter in the water,
everything she knows I taught her.
Everything she knows.
D'un tratto, l'ho visto seduto al lato sinistro del tavolo: era un'immagine così vivida che non ne ho messo in dubbio la veridicità, ma sono rimasta con la testa appoggiata alle braccia incrociate spiando papà che sfogliava un libro.
Era ancora giovane con i capelli biondi come il grano maturo e gli occhi azzurri, gentili, malinconici, era vestito con la sua eleganza un po' desueta e taceva.
Il signor Byrne era un uomo dai lunghi silenzi, le sue poche parole erano pronunciate con voce bassa, come se mormorasse dei segreti che non andavano dispersi nell'aria.
Lo osservavo, mi domandavo cosa stesse scarabocchiando sul vecchio volume che teneva lievemente inclinato, sapevo di non essere sua e questo mi confondeva perché ero una bambina di nove anni, che non sentiva altra appartenenza oltre la famiglia.
Ero ferma, sonnacchiosa in un caldo pomeriggio d'estate, il vestito che indossavo era una nuvola di merletti bianchi e ricami floreali, i capelli intrecciati con nastri di seta rosa, le scarpette erano inadatte a qualsiasi attività fisica. Ero una bambola che Rebecca amava acconciare, coccolare, tenere accanto a sé, questo credevo ma era solo la moda dell'epoca ad essere insulsa e Rebecca vi cedeva facilmente.
I piedi dondolavano nell'aria, un sospiro e sarei scivolata in un sogno.
«Stai sveglia qualche minuto.» disse in tono morbido papà, alzò lo sguardo su di me con gli angoli della bocca appena sollevati in una sorriso lieve.



Sbattei le palpebre, obbedendo senza fiatare.
«Perché non sei andata con tuo fratello?» domandò il signor Byrne.
Era una strana domanda, in realtà, quando mi era consistito scivolavo nell'ombra di mio padre e mi accoccolavo in qualche posto da cui potessi vederlo, senza intralciarlo.
La mamma lo considerava normale, vista la mia età e lei era sempre stata la 'luce degli occhi' del nonno, ma io non potevo esserlo di Malcom.
«Lui può giocare con i ragazzi grandi.» risposi, era una parziale verità: «Vanno al laghetto, possono anche farci il bagno.» rivelai ammirata.
«Raggiungili.» rispose lui con noncuranza.
«Non mi vogliono: sono troppo piccola.» ribattei con una certa veemenza, feci per sollevare la testa ma papà mosse l'indice in aria in segno di diniego: «Dicono che sarei noiosa. Mamma non vuole che vada al laghetto, perché mi sporcherei.» gettai fuori l'ingiustizia del dover essere una brava bambina.
«Non puoi, già.» concluse diplomatico mio padre, sorridendo: «Sino all'ora del tea, non se ne parla proprio di uscire.»
Aggrottai la fronte: «L'ora del tea?» mi meravigliai.
Malcom annuì: «Sì, Brianna.» spiego serafico: «Ho intenzione di bere una tazza di tea, prima di uscire con Fulmine. L'aria è più fresca fra il tea e la cena.» la matita si mosse sulla carta: «Vuoi accompagnarci?»
Non saprei descrivere la gioia che mi procurò, fu qualcosa di improvviso, violento, inaspettato. Ero solo una bambina che cercava disperatamente l'amore del padre, di un uomo a cui non apparteneva ma che non poteva fare a meno di cercare, di seguire, di idolatrare in qualche modo.
Balzai giù dalla sedia per abbracciarlo, mi arrampicai sulle sue ginocchia stringendogli le braccia al collo e mi chinai sul libro involontariamente, mentre papà cercava di bilanciare il mio peso...

Everything I say
she takes to heart.
Everything she takes
she takes apart.

Mi sono svegliata, ho ancora il ritratto di mio padre. Ricordo ancora le nostre passeggiate al tramonto col suo cane, raramente parlavamo e non mi importava affatto perché sapevo che mi aveva accettato nella sua vita e nel suo cuore.
«Avrei dovuto... Intestare...»
ricordo questi sospiri, quando oramai sapevamo che io ero la figlia di un Angelo e lui sul letto di morte: «Molto prima. Tu sei più mia che sua. Sei mia figlia, Brianna. Non lo scordare.»
Non l'ho mai dimenticato. Non ho mai voluto altro. Non c'è altro nome che io desideri onorare. Non c'è un altro padre che voglia rendere orgoglioso di me.


Who'd have ever thought her?
Who'd have ever thought?
That's my daughter in the water,
I lost everytime I fought her
Yea, I lost every time.

domenica 16 febbraio 2014

Closing Time


Closing Time - Semisonic.


Closing time
Time for you to go back to the places you will be from.
Closing time
This room won't be open 'til your brothers or you sisters come.
So gather up your jackets, and move it to the exits
I hope you have found a friend.

Essere Sidney Poitier in 'Indovina chi viene a cena?' è un riassunto conciso ma puntuale del mio ultimo Sabato.
Gaebriel mi ha invitata a visitare Belleville, devo ammettere che è stato fatto un lavoro eccellente: una comunità ordinata, ben integrata nel tessuto sociale, indipendente, accogliente verso chi lo merita ed è qualcosa di simile che nella mia testa diventerebbe la St. Augustine'Church con la sua scuola, il rifugio e la Sede Nephilim a proteggere l'intera struttura, anche se al momento ci siamo soltanto Cora, Binky, Delight, Bilbo ed io, so essere pazientare per raggiungere i miei obiettivi.
La passeggiata è stata veramente piacevole, era da un po' di tempo che desideravo sentirmi così tranquilla, così a mio agio lontano dalla Sede ed a Belleville è accaduto.
Gaebriel, infine, ha deciso di farmi entrare nella sua casa: un'enorme, antica villa adeguatamente ammodernata, sono certa si celino delle storie fra quelle mura e nella terriccio del giardino, racconti che sono stati tramandati di generazione in generazione e su questo, forse indagherò in futuro.
Ho conosciuto un Lukoi, non propriamente ciarliero, Helgen. L'uomo di cui Cora è innamorata. L'ho guardato, ho ascoltato cosa Beth e Dragan – il vero nome di Il'ya- dicevano di lui e ho ingoiato una serie di quesiti su come intendesse mandare avanti il legame con mia sorella. Non era la situazione adatta, non sono affari miei ma Cora è giovane, sensibile e per questo delicata, sarebbe crudele frantumare i suoi buoni propositi con l'egoismo...
Beth, Dragan, Helgen, Gaebriel sono gentili, ognuno a modo proprio: Dragan sembra essersi un po' calmato, sembra voler imparare dai suoi simili e sono sicura che ci riuscirà, gli ho proposto di iscriversi alla scuola parrocchiale, sono tre lezioni serali alla settimana e nessuna è particolarmente impegnativa, perché sono pensate per immigrati che devono lavorare, parlare, scrivere, pensare in inglese.
Padre Jorge ha detto che non ci sono problemi: siamo pieni di russi, almeno Dragan non è un mafioso.
Gaebriel mi ha invitata a cena, nessuno sembrava sconvolto e io avrei apprezzato sinceramente. Non ho una gran vita sociale, specie da quando sono andata a vivere in Sede. Ho accettato, mi sembrava una bella idea.
Ho finito di pensarlo ed è arrivato un Lukoi: Elijah, un'altra progenie di Gaebriel. Beth non è parsa contenta, i gesti gentili dell'Ulfric sono stati spazzati via, anche se con me è stata molto dolce pareva sul punto di sbranare qualcosa o qualcuno. Elijah, invece, non è parso contento di vedermi e figurarsi di sapermi a cena a casa sua.
Ha più diritti di me, nel decidere chi debba sedere a tavola e ha più ragione di me a pretendere che la sua opinione sia rispettata dai suoi fratelli, ma forse Gaebriel ha una visione differente delle cose e... Non ho visto molto, perché Beth mi è parata davanti.
Dubito che Elijah volesse farmi del male, non davanti a Gaebriel, non a una Ethevyn che ha più esperienza di lui, non a qualcuno che è innocente e infatti è uscito, seguito a ruota dal suo capo.
Io sono rimasta qualche ora, ho mangiato patatine fritte, una bistecca e bevuto una birra con i Lukoi rimasti, li ho ringraziati e poi con Cora sono andata al pub.
La serata è stata più rilassata: ho conosciuto un'amica di Cora, Kerstin e Rei, che penso non fosse amica di nessuna di noi ma era simpatica, abbiamo bevuto, lanciato freccette, parlato di uomini, di lavoro, di animali.
Era da mesi che non passavo una giornata così... Non mi spiace, non mi spiace affatto vivere in questo modo con i Nephilim, i Lycans, gli alleati, gli amici, le informazioni da trovare e da diffondere e poi le ore in cui molli tutto, chiudi la mente e cerchi sono di centrare il bersaglio.
Posso farcela, a vivere così.
Closing time
Every new beginning comes from some other beginning's end.

giovedì 6 febbraio 2014

Across The Universe

Across The Universe - The Beatles.



Words are flowing out like endless rain into a paper cup,
They slither while they pass 
They slip away across the universe
Pools of sorrow, waves of joy are drifting through my open mind,
Possessing and caressing me.

Il Cielo non dimentica. È stata una delle prime frasi che Lionel Finch mi ha rivolto, appena arrivata a New Orleans e affatto entusiasta all'idea di prendere in mano le redini sfuggite al precedente Ethevyn.
È una consapevolezza che mi turba, che talvolta mi fa pensare di essere inascoltata da Dio: sono un Abominio, questo è impresso nella mia carne e per l'essere che mi ha dato la vita sono un peccato da odiare, un errore di cui vergognarsi e benché sia l'Angelo il Peccatore è il Peccato a incanalare la rabbia del Padre, perciò è bizzarro che sia arrivata nel 2014 praticamente incolume.
Il Cielo non dimentica chi sono, cosa ho rappresentato in passato e ciò che sono ora. Non è il Cielo ad avermi spedita nella scalcagnata Sede dei Nephilim ma appunto Lionel, convinto che fossi una guida più stabile per i miei simili e una buona diplomatica con le altre razze, quelle che sul principio dubitavo fossero rimaste negli Stati Uniti.
Posso asserire di non aver sorriso alla sua proposta, anzi gli ho chiesto perché credesse di aver fatto una scelta migliore, rispetto a Charlie.
«Io non mi sono basato sull'affetto.» ha risposto placido, sorridente: «Ho valutato oggettivamente le tue doti, la tua esperienza e ho convenuto che fossi adatta a ricoprire il ruolo di Ethevyn Capo a New Orleans. Tu sei una donna volitiva, energica, piena di risorse. E l'hai dimostrato più volte.»
Non ho festeggiato, però ho promesso che avrei svolto il mio dovere con impegno e costanza, tentando di essere una sorella, una guida, un'alleata e un'amica con i meritevoli e di ergermi a difesa degli Umani, contro gli avversari.
Io non sono una guerriera, la violenza mi ripugna, perché genera una spirale di negatività da cui risalire è difficile, ma non sono una martire e conosco la crudeltà di chi si oppone al volere di Dio e se serve anche la mia mano può essere armata, ferma nel colpire, pronta a macchiarsi di sangue.
Credo che qualcosa di simile sia uscito anche dalle labbra di mio padre, dubito che sarebbe orgoglioso delle mie azioni e certamente io non lo sarei delle sue. Presumo.
Aspetto altri fratelli, mi sono assicurata che Dilys avesse protezione e conforto, lontano da una città che le ha regalato solo amare illusioni e dei due più adulti non ho notizie.
Ho fatto sapere anche questo a Lionel, gli ho chiesto di informare Sebastian che Lys è al sicuro, in fondo, era la sola di cui si fosse apertamente preoccupato. Nessun commento, nessuna acrimonia, nessun rancore.
Ogni essere vivente ha un fardello, ciò che varia è la forza con cui lo trasciniamo.
La città si popola, scrivevo e non di individui raccomandabili: una Fallen dai capelli rossi, bellissima, altera e distaccata che osserva la pioggia come fosse un pianto del Paradiso; una Vampira bionda, esile, elegante che ha l'ardire di tacciarmi di razzismo per non confidare nella sua buona fede e chissà cos'altro mi attende.
I Lycans sono numerosi, una comunità solida pare, guidata da Gaebriel Astrom. Non è tipo di molte parole, penso che sia giustamente assorbito dai suoi doversi verso i Lycans e vorrei che comprendesse quanto io desideri aiutarli, sostenerli in maniera sia spirituale che pratica.
Dovrebbe essere consapevole delle mie capacità, infatti, dubito fortemente senta un qualche slancio protettivo nei miei riguardi, soprattutto razionalmente e da questo spunto potremmo partire per cercare accordi che agevoli Nephilim e Lycans.
Beth è la sua progenie, una ragazza bionda con un'incontenibile voglia di vivere, la sua compagnia è stimolante, mi piace trovare persone così positive e disposte ad affrontare le battaglie con fermezza, senza perdere il sorriso.
L'ultimo Lycan è Il'ya, s'è presentato in un Jazz Club, ha guardato una giovane di nome Violet, quasi fosse stata un tacchino ripieno nel giorno del Ringraziamento ed è andato via convinto di stringere il monopolio della bizzarria, il brevetto dell'animo tormentato.
Ho avvisato Beth, quindi la comunità, purtroppo Il'ya non ha ascoltato la sorella e se ne è andato.
Un Lukoi confuso, inesperto con una carica di rabbia tale da far esplodere le lampadine, reo confesso dello sterminio della sua famiglia a scopi alimentari è a zonzo per New Orleans.
Lo so, ci sono i Vampiri e forme di vita ancora più miserabili però l'idea che scambi un bambino per un succulento pasticcino o una signora in là con gli anni per una gallina già spennata mi angoscia.
Beth e Gaebriel devono ritrovarlo, non è che possono lasciarlo in balia di se stesso, così da rivelare al mondo che alcuni uomini, talvolta, divengono lupi e basta un cellulare accesso perché Il'ya sia ripreso, sbattuto sul web e portato in TV. Giusto se non vogliamo soffermarci sul banchetto da indigestione che la città gli offre.
Padre Jorge non ha accolto con entusiasmo la scelta del traduttore, poi ha guardato i venti immigrati clandestini di lingua araba, ha scosso la testa e ha acconsentito.
È vero, conosco Mansour da pochi giorni e non ci siamo raccontati le nostre travagliate esistenze fumando canne nel parco, però penso di potermi fidare della sua buona volontà.
Ha un cuore gentile, appesantito dalla sofferenza, da altro che non è facile scorgere ma è un brav'uomo che non farebbe del male alle persone che si sono rivolte al Rifugio.
Se dovesse deludermi, mettendo a repentaglio la vita di esseri innocenti, provati da soprusi inimmaginabili, gli farò comprendere quanto sia rischioso sfidare la mia ira.
Penso, che alla fine, anche questo l'abbia detto mio padre. E non so perché, dopo tanti anni, ancora mi faccio domande su di lui.
Ho arredato la mia stanza, anche l'ufficio è pronto; Binky fa le fusa nel vedermi e ho fatto sterilizzate dodici gatti della colonia.
Sì, credo che questa sarà la mia casa. Voglio che sia la mia casa e nessuno la turberà, senza pagarne le conseguenze.

Sounds of laughter shades of love are ringing through my open ears,
Inciting and inviting me.
Limitless undying love which shines around me like a million suns,
It calls me on and on across the universe.
Jai guru deva om.
Nothing's gonna change my world,
Nothing's gonna change my world,
Nothing's gonna change my world,
Nothing's gonna change my world.